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La denuncia

L’estate dei ragazzi disabili in provincia: “No servizi, costretto a stare in casa”

Pesa la mancanza di servizi. M. vive in un paese della Bergamasca, dove non esiste un centro per l'autismo. La mamma: “Passiamo le giornate chiusi in casa e si amplificano le sue ossessioni”. E. doveva andare al centro estivo, a carico del comune: “Ma è mancata la convenzione”

D’estate come d’inverno, il problema è sempre lo stesso: l’assenza di servizi per i bambini con autismo, nel territorio della provincia di Bergamo. Una situazione che nella stagione più calda viene amplificata dall’assenza della scuola, che in inverno occupa per qualche ora le giornate, e dalle tante ore di luce in cui i ragazzi sono costretti a rimanere chiusi in casa.

E’ il caso di Matteo, un ragazzino bergamasco di 12 anni affetto da autismo, che trascorrerà i prossimi mesi tra le mura domestiche, per lo più solo con la mamma, perché di centri diurni estivi adatti a lui non ce ne sono. Né ce ne saranno, a quanto pare, nei prossimi tempi.

A lanciare l’allarme è la mamma, Patrizia, che a Redattore Sociale racconta questi primi giorni di vacanza. Se vacanza si può chiamare.

“Su tutto il territorio manca un centro diurno specializzato per l’autismo: questo d’inverno e tanto più in estate. Ci sono sì ‘parcheggi’ con varie realtà diverse, che la neuropsichiatra giudica inadeguati per M. Ci sarebbe lo Spazio autismo, ma per problemi di fondi non riescono a differenziare gli interventi: così Matteo, che non sopporta i rumori, passerebbe le sue giornate accanto a due ragazze che urlano tutto il tempo. Mandarlo in un centro privato avrebbe un costo insostenibile per noi: 650 euro per tre settimane: perché l’assistenza sarebbe a carico nostro”.

E anche per il prossimo anno, quando l’estate sarà finita, le prospettive sono tutt’altro che rosee: “Una consigliera regionale si era interessata al nostro caso e si è impegnata a far aprire un centro specializzato, almeno da settembre: ma proprio alcuni giorni fa mi ha chiamata per dirmi che, al momento, non ci sono speranze”.

Per quanto riguarda la scuola, “il preside ci ha parlato, per ora di una frequenza di 3 ore a giorni alternati. Il resto del tempo, a casa, perché per Matteo non c’è nulla”.

Tre mesi estivi, intanto, sono lunghi. “Trascorro le giornate chiusa in casa con Matteo, sola con lui dalle 11 alle 20, quando mio marito è al lavoro. M. non ha un’attività, ciondola in casa, si annoia, guarda la tv, amplifica manie e ossessioni, mi sta addosso. Non possiamo uscire, troppo complicato: e le giornate passano tutte uguali, pesanti per me ma pesantissime per lui. Solo l’oratorio si è offerto di darci una mano, accogliendo M: ma non hanno personale specializzato e i volontari, seppure pieni di buona volontà, non sarebbero in grado di stare con Matteo”.

In programma, per la famiglia di Matteo, non ci sono vacanze: “Non possiamo permettercele: l’assenza di servizi mi impedisce di trovarmi un’occupazione, quindi dobbiamo limitare al massimo le spese: è una catena diabolica quella che si innesta, con la mancanza di possibilità sul territorio”.

E quello di Patrizia non è un caso isolato, ma “la realtà quotidiana di tutti i bambini con autismo di Bergamo: in questo momento, vivono tutti in queste condizioni. Tanto che ho proposto alle mamme di andare tutte insieme dal sindaco, per chiedere conto di questa situazione”.

Nel frattempo, però, l’idea di un trasferimento appare a volte come l’unica soluzione: “Stiamo pensando seriamente di andare a Trento, dove i servizi ci sono e funzionano. Ma dobbiamo fare i conti con il lavoro di mio marito: per il momento, restiamo qui, nella speranza, sempre più debole, che qualcosa cambi”.

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