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Arte

L'intervista

Barcella: alla Gamec servono spazi adeguati per poter crescere

Alberto Barcella, da pochi mesi presidente dell'Associazione per la Gamec, a un mese della mostra su Palma il Vecchio spiega i prossimi appuntamenti che attendono la Galleria d'arte moderna e contemporanea di Bergamo: dalla sinergia con la riapertura dell'Accademia Carrara alla mostra su Cory Arcangel a Palazzo della Ragione fino alla grande retrospettiva di Kazimir Malevic in calendario ad ottobre.

Manca un mese alla mostra su Palma il Vecchio e anche il countdown per Expo si fa ormai serrato. Abbiamo sentito, sul fronte Gamec, Alberto Barcella, già presidente di Confindustria provinciale e regionale, alla guida dallo scorso ottobre dell’Associazione per la Gamec. Il nuovo Cda ha una pesante eredità, quella di mantenere Gamec al livello cui era stata portata dal direttivo di Mario Scaglia, e insieme grosse sfide da affrontare con l’anno che riparte.

Ad aprile riapre l’Accademia Carrara. Si prevede un potenziamento della sinergia Gamec-Carrara?

"Sicuramente sì. La riapertura della Carrara è un evento atteso da anni, è destinato a riportare agli antichi fasti una galleria importante grazie alla sistemazione dei locali e alla cura con cui verranno esposte le opere. Ci sarà tra l’altro la possibilità di esporne di più che in precedenza. La rinnovata Carrara sarà un polo di attrazione di turisti, visitatori e appassionati d’arte da cui non possono che trarre beneficio anche le altre istituzioni museali e culturali cittadine e quindi anche Gamec. Stiamo lavorando per far sì che la stretta collaborazione con la Carrara porti un maggior numero di visitatori anche alle mostre temporanee Gamec e alle collezioni permanenti, quindi ad esempio abbinando i biglietti e cercando sinergie. Questo per noi è fondamentale, ma le sinergie le cerchiamo con tutte le istituzioni culturali bergamasche".

Quali, per esempio?

"In attesa della grande mostra su Kazimir Malevic, che porterà a Bergamo in ottobre una settantina di opere del maestro russo e una trentina di opere di suoi contemporanei provenienti dai musei di San Pietroburgo, è partito il programma “Tutti pazzi per Malevic” che coinvolge le maggiori istituzioni culturali bergamasche, dal Museo Bernareggi all’istituto di slavistica della nostra Università. L’intento è creare innanzi tutto un’aspettativa per la mostra d’autunno e dare la possibilità di esprimersi in maniera corale su temi condivisi".

Che visibilità avrà Gamec per Expo? Si parla di chiusura per restyling nel cuore dell’estate…

"Oltre alla mostra di Malevic, che sarà l’evento clou di Gamec, faremo un’altra mostra, ad aprile, fuori sede, a Palazzo della Ragione in Sala dei Giureconsulti, con un giovane artista americano Cory Arcangel già molto affermato negli Stati Uniti. La sua presentazione a Bergamo è sicuramente una novità a livello italiano. Poiché in primavera ospiteremo la grande mostra su Palma il Vecchio, gli spazi sono già stati consegnati agli organizzatori dell’evento, che stanno apportando ristrutturazioni mirate. Una volta conclusa l’esposizione occorre un disallestimento: questo era un vincolo necessario già previsto e considerato, non è una sorpresa. E la mostra su Malevic non poteva partire prima per via della disponibilità delle opere".

Che novità comporta il Cda da poco rinnovato? Qualche modifica nello staff Gamec?

"Questo Cda può esprimersi proprio grazie al grande lavoro svolto dall’ingegner Scaglia fin dalla nascita dell’associazione Gamec. Il nostro compito è facilitato da una strada e un metodo di lavoro già ben collaudati. Come per tutti i nuovi consigli, ci sono sicuramente ambizioni e volontà di impegnarsi a fondo e al meglio nell’interesse di Gamec e della crescita culturale della città. Non ci sono intenzioni o progetti di rottura rispetto a quanto fatto fin qui. Anche lo staff non si tocca, sono persone giovani che lavorano generalmente part-time per il museo e svolgono tantissime attività poco conosciute e invece molto importanti".

Gamec come contenitore d’arte. Quali le criticità?

"Noi possiamo denunciare le limitazioni che gli attuali ambienti comportano per Gamec. Non è solo questione di disporre di sale per mostre temporanee, ma soprattutto di avere spazi sufficienti per mostrare le opere della collezione permanente. Questa mancanza di spazio limita anche la possibilità di acquisire nuove donazioni che in genere comportano anche l’impegno di un’ostensione almeno parziale delle opere. Occorre una sede adeguata che non sia solo museale perché Gamec non è solo museo, è anche tutta una serie di attività culturali ed educative oggi fondamentali per un’istituzione contemporanea. Il museo deve essere vissuto in modo dinamico offrendo laboratori, conferenze, provocazioni culturali che oggi siamo costretti spesso a fare fuori sede".

Circa le opzioni “Montelungo” o “Magazzini Generali” ci sono novità?

"Non ho novità. Il punto è che di Gamec si parla spesso del contenitore, da cui le polemiche se trovare nuovi spazi in periferia o in centro, alla Montelungo o ai Magazzini Generali, al Palazzetto dello Sport o in Palazzo della Libertà in Piazza Repubblica. Noi vorremmo si parlasse di quello che Gamec fa tutti i giorni per essere luogo di aggregazione e mediazione culturale, del progetto arte nelle carceri che permette ai detenuti di esprimersi artisticamente con opere che esponiamo nei nostri spazi. Queste iniziative non vengono percepite per il loro valore e per la loro estensione di attività perché sono offuscate da altre a carattere più tradizionale. Ma noi non siamo tradizione, siamo un museo d’arte moderna e contemporanea. Quello che facciamo deve essere innovativo, qualche volta dissacrante e provocatorio e comunque non convenzionale".

 

Gli artisti bergamaschi lamentano l’attenzione marginale data loro da Gamec. Che cosa risponde?

"Rispondo che abbiamo appena chiuso un’importante mostra su Vitali, un artista bergamasco. Noi abbiamo tra i nostri compiti anche la valorizzazione di artisti locali, però non dimentichiamoci che il mondo non finisce all’Adda e all’Oglio, è molto più grande. E’ giusto che in una città come la nostra ci sia attenzione per ciò che avviene a livello internazionale. La qualità è fondamentale e si lascia spazio a chi secondo il nostro parere – che può essere opinabile o sbagliato ma in ogni caso fintanto che si gestisce la Gamec è quello – è artista di valore. Quindi il fatto di essere bergamaschi non garantisce automaticamente e semplicemente di poter avere acceso a un museo che comunque certifica la qualità e il valore di un artista. Questo non vuole essere offensivo nei confronti di nessuno, ma non vogliamo essere quelli che si guardano l’ombelico, altrimenti tradiremmo le funzioni che ci sono date".

Stefania Burnelli

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