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L'intervento

Tagli alle province Cgil: “Quella di Bergamo è a rischio dissesto”

Gian Marco Brumana, segretario della Funzione pubblica Cgil Bergamo, in una nota attacca il Governo Renzi per i tagli alle province, misure che sull'ente bergamasco pesano sugli investimenti per tutelare il territorio e la riduzione dei servizi.

Gian Marco Brumana, segretario della Funzione pubblica Cgil Bergamo, in una nota attacca il Governo Renzi per i tagli alle provincie, misure che sull’ente bergamasco pesano sugli investimenti per tutelare il territorio e la riduzione dei servizi. Pubblichiamo il testo integrale della nota della Cgil.

 

"Non la legge Delrio e nemmeno la riforma costituzionale hanno previsto la soppressione per “consunzione” delle province, senza nessuna certezza per il futuro dei servizi che le stesse erogano ai cittadini e dei quasi 60.000 dipendenti che vi lavorano, né per le loro famiglie; ci ha pensato il disegno di legge di stabilità per il 2015 approvato dal Governo, proprio quel disegno di legge che si dice volto al rilancio dell’occupazione e della crescita. Come? Tagliando le risorse finanziarie – scrive Gian Marco Brumana –. Non è, quindi, questione di trasferire compiti e funzioni finora gestiti dalle province a comuni, regioni, città metropolitane o alla stessa amministrazione statale, ma, più semplicemente, di strangolare le province quando ancora sono nel pieno svolgimento delle loro “antiche” funzioni. Ha ragione la presidenza dell’UPI (Unione delle Province Italiane) quando afferma: "Il rischio è di un collasso complessivo del sistema, con immediate ricadute sui cittadini cui non sarà più possibile assicurare i servizi essenziali. Significa non riuscire ad assicurare la minima tenuta della sicurezza nei 130 mila chilometri di strade provinciali, di non potere garantire la gestione e manutenzione delle scuole, le opere contro il dissesto idrogeologico, il trasporto pubblico locale. Il dissesto delle province, che con questo taglio è certo, impatterà direttamente sui conti dello Stato”.

"Nella legge di stabilità per il 2015, infatti, si prevedono tagli dei trasferimenti alle province per un miliardo di euro nel 2015, che diventano due miliardi nel 2016 e tre nel 2017. Per rendersi conto del vero significato di questi tagli basta pensare che il totale della spesa corrente delle province nel 2013 è stata pari a 7.617.874.746 di euro, mentre quella in conto capitale è ammontata a 2.732.756.66, quindi il complesso della spesa di tutte le province italiane è risultata di poco più 10 miliardi di euro. Ebbene si chiede alle province di tagliare le loro spese di quasi il 30% in tre anni, dopo che le stesse, dal 2011 al 2014, hanno già sostenuto uno sforzo per migliorare i conti pubblici pari a 3,6 miliardi di euro.

Quindi, nonostante le province abbiano rappresentato nel 2013 solo l’1,3% della spesa pubblica, è stato loro imposto di contribuire al risanamento del Paese con tagli pari al 27% della loro spesa complessiva, un contributo spropositato! Si consideri, inoltre, che, secondo i dati UPI, nel 2014 il saldo tra il fondo di riequilibrio statale e le entrate proprie delle province dovrebbe risultare addirittura negativo, con un finanziamento delle province verso lo stato di 516 milioni di euro, mentre i trasferimenti regionali verso le province per lo svolgimento della funzione attribuite sono ammontati nel periodo 2010 – 2013 a : Considerate le dimensioni dei nuovi tagli indicati per il triennio 2015-2017, da effettuarsi in una situazione di grave difficoltà per riuscire a far quadrare i bilanci, pare evidente che la scelta del governo sia quella di spingere le province verso il più completo dissesto finanziario, prima ancora che le funzioni e servizi vengano affidati ad altri enti.

In particolare, per la provincia di Bergamo, che già vive in una situazione in cui rispettare il patto di stabilità pare essere un’impresa impossibile e dove si prospetta un disavanzo di amministrazione per il 2014, la nuova manovra, ove confermata definitivamente, si tradurrebbe in un taglio, bene che vada, di almeno 10 milioni di euro nel 2015, 20 milioni nel 2016 e 30 milioni nel 2017.

Si consideri che in base al rendiconto del 2013, le spese correnti dell’amministrazione provinciale di Bergamo sono state di euro 122.000.767, mentre quelle per il personale sono ammontate a euro 22.312.464 (meno del 20% del totale di quelle correnti, da ente assolutamente virtuoso). Le proporzioni del taglio alle spese imposto dalla legge di stabilità del 2015 sono chiare, non basterebbe licenziare tutti i dipendenti per farvi fronte. Tuttavia nel disegno della legge di stabilità si trovano i soldi per il rinnovo del contratto del comparto sicurezza, ma anche 250 milioni per il settore dell’autotrasporto, 200 milioni per le scuole non statali, un contributo di 140 milioni di euro per i forestali della Calabria e di 10milioni per Radio Radicale, ecc. ecc. Spese che il governo ha ritenuto più utili dei servizi forniti ai cittadini dalle province.

Quindi ai cittadini bergamaschi non rimane che: la speranza che piova poco e, soprattutto, che non nevichi, l’impegno ad evitare di prendere i mezzi pubblici di trasporto (posto che ancora circolino) e l’accortezza di mandare a scuola i figli, anche se grandicelli, ben coperti, in modo che possano affrontare i rigori dell’inverno. Ai dipendenti, invece, non risulta più eludibile la dichiarazione dello stato di agitazione al fine di mettere in campo tutte le azioni necessarie per la conservazione del posto di lavoro".

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