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L'incontro

Dall’iPod a WhatsApp “Salviamoci dall’economia della distruzione”

Umberto Bertelè, presidente della Business School del Politecnico di Milano, è stato ospite di Confindustria Bergamo per un incontro, organizzato dall'Università, in cui ha delineato le “Tendenze nell'età della globalizzazione”e spiegato come salvarsi nell'economia della “distruzione”.

E’ fra i “papà” dell’Ingegneria gestionale, corso di laurea dal costante appeal, che unisce le competenze tecniche dell’ingegnere tradizionale a conoscenze più manageriali, ed è stato scelto dall’Università di Bergamo per delineare le “Tendenze nell’età della globalizzazione”, incontri per gli studenti di ingegneria dedicati agli scenari futuri, di cui uno si è svolto nella sede di Confindustria Bergamo.

Protagonista Umberto Bertelè, presidente del Mip, la Business School del Politecnico di Milano, ordinario di Strategia e sistemi di pianificazione al Politecnico, autore del libro “Strategia”, intervenuto insieme con Lucio Cassia, docente di Strategie Management and Economics all’Università di Bergamo, e il rettore Stefano Paleari.

Il problema è che avere una “strategia” è sempre più difficile in un mondo caratterizzato da continui fenomeni di “disruption”: intere linee di prodotti e interi mercati che vengono creati o distrutti da un giorno all’altro. Si pensi allo smartphone, che ha scalzato un numero sempre maggiore di prodotti come le macchine fotografiche digitali, le calcolatrici, le agende elettroniche, le sveglie, i lettori di e-mail e, forse, a breve le consolle di gioco portatili, i lettori di libri elettronici, le videocamere e i computer portatili.

“E’ un caso – ha spiegato – che mette in luce come i maggiori successi siano quasi sempre legati a innovazioni non tanto e non solo nei prodotti, quanto nei modelli di business e nella capacità di modificare gli stili di vita. L’iPod, l’iPhone e l’iPad ricalcavano fisicamente prodotti già esistenti e di ridotto successo; è stato l’ecosistema creato intorno a loro, gli accordi con i fornitori di contenuti, lo store, le app e il ricorso al cloud computing, che ha permesso una serie di prestazioni in precedenza impensabili e che ha fatto emergere dal nulla una domanda latente di grandi dimensioni, con conseguenze spesso disruptive anche in comparti lontani dall’Ict”.

Salto temporale con WhatsApp che “in soli 4 anni ha praticamente distrutto il mercato degli sms. Approfittando della politica di disgregazione dei prezzi dei grandi operatori telefonici e utilizzando il canale dati e scegliendo una politica di piccoli ricavi a fronte della possibilità di vendere la potenzialità rappresentata dal numero dei contatti”.

E ancora, in pochi anni si è passati dal modello iTunes alla filosofia dello streaming: non più materiale scaricato ma accesso temporaneo a una fonte, sistema che tra l’altro contrasta meglio la pirateria.

Fra i protagonisti dell’innovazione disruption c’è anche Alibaba, il colosso cinese dell’eCommerce che sarà la new entry dell’anno a Wall Street, che si propone come una comunità globale per il business-to-business. Altri esempi sono dati da interi settori del commercio sempre più a rischio per i fenomeni di acquisto su Internet ormai generalizzati e dalle rivoluzioni in atto nel sistema bancario e finanziario.

Per Bertelè l’Europa e, in particolare, l’Italia appaiono in ritardo nella comprensione e “gestione” di tendenze in un’epoca in cui appare fondamentale avere una visione, ma anche essere pronti a cambiarla.

“Il peggior ritardo – ha sottolineato – è quello di non accorgersi dei fenomeni, che ci arriveranno addosso e provocheranno enormi cambiamenti. Dobbiamo, per esempio, fare in modo di non perdere le risorse umane migliori, attratte altrove, come è già successo nel Sud Italia”. Ma questi cambiamenti epocali, con i loro riflessi, per esempio sull’occupazione, sono una sfida non solo per le imprese ma per la società nel suo complesso.

“C’è – ha concluso – il grave rischio della continua erosione della classe media, vero perno della società, perché questi fenomeni di ‘disruption’ vanno spesso ad insidiare tutta una serie di lavori intermedi, facilmente sostituiti dalle macchine, con il rischio che restino solo lavori di fascia alta e di fascia bassa, con conseguente forte divaricazione del reddito e pericoli per la tenuta della società democratica”.

Rossana Pecchi

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