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La recensione

L’atteso “Grace of Monaco” apre il Festival di Cannes ma è una grande delusione

Atteso soprattutto per ragioni di gossip, delude dal punto di vista cinematografico. Agiografico più che biografico, romanzo rosa più che favola, con aspirazioni a romanzo storico e goffe incursioni nella spy story, è senz’altro curato nella messa in scena ma delude per i contenuti didascalici e un po’ sopra le righe.

Titolo: Grace of Monaco

Regia: Olivier Dahan

Genere: Biografico

Durata: 103 minuti

Cast: Nicole Kidman, Tim Roth, Frank Langella, Paz Vega, Parker Posey

Produzione: USA, Francia, Belgio, Italia

Voto: 5

da Cannes Paola Suardi

Il 67° Festival di Cannes si apre con la proiezione del film fuori concorso “Grace of Monaco”. Atteso soprattutto per ragioni di gossip, delude dal punto di vista cinematografico. Agiografico più che biografico, romanzo rosa più che favola, con aspirazioni a romanzo storico e goffe incursioni nella spy story, è senz’altro curato nella messa in scena ma delude per i contenuti didascalici e un po’ sopra le righe. Ad un certo punto il pathos per il Principato che rischia di esser annesso alla Francia di De Gaulle è tale che pare si sia sull’orlo della terza guerra mondiale, la minaccia della fine del regno Grimaldi viene presentata come l’affronto a un mondo di valori eccezionali. Nicole Kidman è bella, bellissima, icona indiscussa del cinema e questo aiuta a far rivivere il fascino di Grace Kelly, innesca confronti – forse – oppure distrae e fagocita il personaggio.

Gli spettatori maschi ne ammireranno il fisico statuario, le signore abiti e accessori che fanno sognare, magnifiche mises da giorno, da sera e da notte. Ma il sogno finisce qui.

Andiamo con ordine: Grace Kelly lascia i set hollywoodiani per sposare il principe Ranieri di Monaco (confidenzialmente Ray), entrare nell’autentica high society blasonatissima della Vecchia Europa. Presto arrivano i figli e gli impegni del principe lo allontanano dalla moglie. Grace appare bellissima ma insicura. Si impegna in lezioni di francese, portamento, espressività che d’altro canto non riescono a farla apparire del tutto a suo agio (possibile?!). Nel frattempo scoppia la crisi tra Principato e Francia, Ranieri di Monaco si oppone ai piani di annessione di De Gaulle, ma l’attentato a quest’ultimo (che sopravvive rafforzando la propria immagine) fa precipitare gli eventi. Il destino del Principato sembra inesorabilmente segnato, aggravato da intrighi di palazzo.

Ci pensa Grace a far piazza pulita di traditori e “invasori”. Come? Sorriso, charme, determinazione e sacrificio. E qui decolla l’agiografia in un crescendo di beatificazione che culmina con l’inquadratura finale di Grace, in abito bianco e oro, accompagnata da musica sacra (dal Valse triste di Sibelius al Miserere di Allegri). Francamente non se ne sentiva il bisogno. Resta il sorriso enigmatico sul volto della Kidman a sottolineare che non sapremo mai veramente come è andata – tra la le loro Altezze Serenissime – a cui mancava forse serenità e, nel caso di Ranieri, anche un po’ di altezza…

Ad ogni modo è interessante riflettere sul rapporto tra sogno (diventare principessa) realtà (sposare un Grimaldi) e cinema. E’ il cinema che ha dato il successo a Grace Kelly, è al cinema che le favole si avverano, ed è al cinema che Grace rinuncia per ragion di stato e perché trova come moglie, madre e principessa il suo vero ruolo. Così almeno ci dice il film di Dahan, impegnato a dimostrare didascalicamente che era donna meritevole anche al di là di quanto finora percepito. Ed è da un uomo di cinema che viene la migliore battuta del film, fulminante, pronunciata da Hitchcock al quale Grace telefona dal Principato per comunicargli che non tornerà a recitare: “Va tutto bene Gracie? Ricordati di non stare ai margini dell’inquadratura”. E’ la frase da cui parte la “riscossa” di Grace nel film, ma in inglese quel margine suona “edge of frame” e ricorda il bordo della cornice – la corniche è la strada panoramica monegasca – dove Grace anni dopo troverà la morte in auto.

 

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