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L'intervista

Architetto bergamasco a New York: “Montelungo sia città nella città”

Giorgio Villa è un giovane architetto bergamasco che, dopo la formazione in Svizzera, ha trovato lavoro nello studio newyorkese di Richard Meier: “La Montelungo? La farei diventare una città nella città”.

Partire da Bergamo, formarsi professionalmente in Svizzera, maturare un’importante esperienza nello studio di Sou Fujimoto in Giappone e ritrovarsi poi a lavorare a New York per Richard Meier, architetto americano apprezzato a livello internazionale: è questo, in breve, il percorso fatto da Giorgio Villa, giovane architetto bergamasco che dopo il master all’Accademia di Architettura di Mendrisio nel 2009 non si è fatto intimorire dalla pesante crisi economica che ha interessato principalmente il settore dell’edilizia ma, valigia in mano e maniche rimboccate, ha cercato la sua dimensione prima nella terra del Sol Levante, poi di nuovo in Svizzera e infine a New York.

Un sogno, quello di lavorare nella Grande Mela, che si avvera nel 2012: il colloquio decisivo con Richard Meier, l’attesa chiamata un mese più tardi e un’offerta irrinunciabile. “Sin da quando studiavo all’università sono sempre stato affascinato da un certo tipo di architettura moderna – ci confessa Giorgio Villa – originata all’inizio del novecento, di cui Richard Meier è uno dei massimi esponenti contemporanei. C’è quindi una certa affinità a livello di estetica, di linguaggio architettonico e di approccio in generale. Credo che questo sia uno dei motivi per i quali mi hanno scelto”.

Un lavoro che gli permette di partecipare al design e alla progettazione di edifici che verranno costruititi in tutto il mondo, dal Messico alla Corea, dagli Stati Uniti a Taiwan, dall’Italia a Israele, dalla Germania alla Colombia e al Brasile. “L’architettura è una disciplina complessa che richiede molti anni per essere appresa in tutte le sue componenti quindi il fatto di lavorare a stretto contatto con persone con molti anni di esperienza alle spalle, e numerose realizzazioni rilevanti all’attivo, mi arricchisce enormemente”.

L’ultimo progetto, in ordine di tempo, al quale sta lavorando nello studio di Richard Meier & Partners è su Reforma, una delle vie principali di Città del Messico: si tratta di un edificio mixed-used composto da una torre per uffici di 180 metri e un volume più piccolo che ospita un Hotel, interconnessi da una base di trenta metri destinata a negozi retail, ristoranti, fitness center e un grande parcheggio.

“La particolarità della torre è che è attraversata per due terzi da un atrio centrale connesso all’esterno attraverso due grandi aperture, favorendone l’illuminazione e la ventilazione naturale. È progetto di grandi dimensioni, con un livello di complessità elevato. È una grande sfida e allo stesso tempo un privilegio potervi contribuire”.

Una grande sfida sarà anche riqualificare la caserma Montelungo: “Vivendo via da Bergamo dieci anni ormai e non avendoci mai lavorato, finora non ho mai avuto a che fare direttamente con le questioni riguardanti la città. Le informazioni che ho a riguardo della trasformazione di Bergamo si limitano esclusivamente a quello che leggo saltuariamente on-line e a quello che vedo con i miei occhi quando torno in città. Tra le varie questioni aperte la Montelungo è quella che mi incuriosisce di più perchè si trova in una parte della città che mi capita di attraversare spesso. Occupa un’area enorme di 23 mila metri quadrati, e a meno che entri una grande istituzione che necessiti di una tale superficie, credo sia uno spazio destinato ad ospitare funzioni miste, in cui il pubblico coesiste con il privato. Quello che cercherei di fare è di creare un’identità ben precisa all’operazione e di ripensare la tipologia a corte in maniera contemporanea. Il proposito dell’intervento sarebbe quello di ideare un microcosmo attraverso una sequenza di spazi disposti circolarmente e di distribuire le varie attività attorno al grande vuoto centrale in modo che si sostengano le une con le altre. Dovrebbe essere una combinazione di tutte le pratiche legate alla vita di una città: abitare, lavoro, commercio, sport, tempo libero e arte. Sostanzialmente è una sorta di città nella città. Una buona parte del progetto dovrebbe essere destinata a una zona verde così da creare una connessione tra il parco Suardi e il parco Marenzi. Penso inoltre che non tutto andrebbe mantenuto. Se una cosa è vecchia non significa che sia necessariamente di qualità o che abbia valore. Credo sia fondamentale rispettare la storia, ma senza esserne succubi. Cercherei quindi di preservare solo le parti che meritano e di demolire il resto, il che risulterebbe sicuramente conveniente anche da un punto di vista economico”.

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