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La recensione

Blue Jasmine Mitico Woody Allen: testo e regia perfetti

Il senso della pellicola rappresenta un mondo di falliti alla ricerca del soldo facile, lucidamente disponibili a raccontarsela sempre falsa, sempre ingigantita. Jasmine è l'impiegata del piccolo comune bergamasco che paga i conti in gioielleria con i soldi dell'Imu.

Titolo: Blue Jasmine

Regia: Woody Allen

Genere: commedia, drammatico

Durata: 98′

Attori: Alec Baldwin, Cate Blanchett, Louis C.K., Bobby Cannavale, Andrew Dice Clay

Voto: 8 (Woody, grazie di esistere)

Attualmente in visione: Conca Verde Bergamo, Uci Curno, Ariston Treviglio, Cinestar Cortenuova, Il Borgo Romano di Lombardia.

 

Jasmine (Cate Blanchett) è confusa su tutto a partire dal nome che all’anagrafe risulta Jeanette ma che per la New York borghese, quella dei migliori party, suona meglio Jasmine. Sarà l’abuso di psicofarmaci aiutati da abbondante wodka, sarà la perdita all’istante di marito (Alec Baldwin) e soldi resta il fatto che spogliata di tutto la donna sembra restare immobile e persa nel nulla, addirittura brutta e per la Blanchett trattasi di vera impresa.

Il rifugio, dopo le amare scoperte di un compagno dedito alla truffa e soprattutto all’altrui sottana, è quello della popolana sorellastra Ginger. Altra stoffa, altro mondo, lontano mille miglia dalle Vuitton e dai viaggi di prima classe ai quali ci si abitua facilmente. Il risveglio è brusco e brutale, l’impatto sul pianeta dei poveri è di quelli che lascia il segno.

Cosa fare se non trovarsi un nuovo amico/marito che può ripristinare l’equilibrio vitale, può riavvolgere il filmato delle abitudini dell’affascinante Jasmine? Le bugie hanno gambe cortissime e per arrivare a mantenere la biglia in gioco nel flipper della vita non basta dimenarsi e premere freneticamente pulsanti. O ci si dimensiona o si rischia il game over.

Premessa per i miei affezionati: se Woody Allen girasse con il cellulare un filmino di ventidue ore sul matrimonio di tal Brunetta ex ministro, probabilmente lo vedrei comunque estasiato, capace di intravederci chissà quali messaggi subliminali, di scorgere Manhattan nelle immagini di via S.Bernardino. Quindi ammetto la mia totale e devota parzialità.

In realtà Blue Jasmine è il film di Cate Blanchett che sfrutta un magnifico testo e una regia altrettanto efficace del genio newyorkese ma che attraverso l’arte della recitazione riesce a celebrare un vero matrimonio tra queste due parole. Semplicemente perfetta, Oscar, Orso e Leone d’Oro, cane gatto e topolino fate voi ma una ragazza che da grande vuol recitare dovrebbe vedersi questo film in loop. Blue Jasmine ha il fiuto di Allen ma non le sue battute più lucide e creative.

Il senso della pellicola rappresenta un mondo di falliti alla ricerca del soldo facile, lucidamente disponibili a raccontarsela sempre falsa, sempre ingigantita. Jasmine è la trasposizione delle under 18 che si prostituiscono con mamma consenziente per comprarsi borse e gioielli. E’ l’impiegata del piccolo comune bergamasco che paga i conti in gioielleria con i soldi dell’Imu.

E’ la risposta di molti giovani alla puerile domanda che ancora rivolgo agli studenti: che cosa farai da grande? Il sogno del calciatore è stato sostituito dal "boh" seguito ad una spanna dal "niente" e a poco spazio dal "ci penserò", quando non è dato di interesse comune.

Il film è anche la storia di una generale mancanza di personalità, di autorevolezza e di carattere, da non confondere con l’apparizione dell’ego qua e là, traballante e meschino ai limiti dell’insopportabile. Quando non si riesce a costruire una propria immagine attraverso l’esperienza e la socializzazione si comincia a parlare da soli spiegando a due nipoti obesi e brufolosi il fallimento della propria vita.

Se nemmeno i numerosi specchi offerti dalle vicissitudini ti riconducono alla realtà allora non ti resta che piangere e chiedere ufficialmente aiuto, percorso da parete di settimo grado.

"L’arte del Cinema si ispira alla vita mentre la vita si ispira alla televisione". Woody Allen.

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