di Luca Bassi
Il silenzio che ci accoglie a Mirandola è assordante, irreale. Dà più fastidio del freddo penetrante che quasi ci impedisce di parlare tra noi che, partiti da Bergamo intorno alle 10 con sciarpe e giubbini, mai avremmo immaginato che l’umidità della bassa Pianura Padana ci avrebbe potuto giocare uno scherzo simile.
Le vie sono deserte, la maggior parte delle case sono state messe in sicurezza con impalcature, ponteggi e transenne. Anche il municipio e il comando della polizia hanno le porte sbarrate. Mirandola è una città fantasma. Girando tra le vie ci capita d’incontrare qualcuno: ci sono dei turisti stranieri, forse passati per buttare un occhio a quella cittadina diventata suo malgrado famosa in tutto il mondo, e c’è qualche “coraggioso” che, nonostante la grande paura, non ne ha proprio voluto sapere di abbandonare la casa costruita o acquistata con i risparmi di una vita, e una volta ottenuto l’ok è tornato sotto il proprio tetto.
Qualche piccolo negozio ha riaperto i battenti, ma il viavai di gente è davvero troppo poco per pensare che gli affari possano andare bene.
Eppure Mirandola è ancora viva. Per capirlo ci basta fare pochissimi chilometri, abbandonare il centro storico e raggiungere la zona del complesso scolastico. Qualche muro è crollato pure lì; le case più vecchie, del resto, non hanno potuto fare molto di fronte alle tremende scosse che il 29 maggio scorso hanno svegliato i mirandolesi facendoli piombare in un incubo vero e proprio.
La voglia di ripartire, però, non è mai mancata: due delle aziende farmaceutiche più grosse del paese funzionano a pieno regime già da settembre. Sono serviti meno di 90 giorni per sistemare capannoni e macchinari e per far ripartire le forniture agli ospedali. Non è un caso, quindi, se la cittadina situata a 33 chilometri dal centro di Modena è da sempre considerata il fiore all’occhiello dell’economia emiliana con i suoi 3,6 miliardi complessivi di fatturato e gli oltre 15mila addetti.
Insomma, Mirandola oggi è il simbolo della speranza, dalla ripartenza, del coraggio.
All’una la campanella della scuola Dante Alighieri suona, come ogni giorno: i ragazzini escono di corsa, urlano, ridono. I primi a ripartire, forse inconsapevoli del dramma che stavano vivendo, sono stati loro. E tanti genitori hanno trovato la forza per ripartire anche grazie a loro. Per questo, donare all’associazione Happy School Mirandola i tantissimi giochi che i bergamaschi hanno portato a Bergamonews, nella nostra sede di via Camozzi, ci regala una gioia ancor più grande. “Oggi va molto meglio, ci stiamo rialzando piano piano – ci spiega Carmen Lodi, responsabile dell’associazione -. In questi ultimi mesi abbiamo ricevuto una serie incredibile di gesti di solidarietà e, anche se la paura è sempre tanta, stiamo ripartendo grazie all’aiuto di tutti voi”.
Mercoledì mattina i giochi raccolti dall’iniziativa "Regalati un sorriso" – ideata da Rotary Club Bergamo Ovest, Bergamonews e da tutto il gruppo Number One – sono stati consegnati ai bambini di Mirandola al termine della festa organizzata dall’associazione dei genitori. E a noi cosa resta? Una sola consapevolezza: non avremo di certo fatto dimenticare a quei piccoli bambini il terrore provato lo scorso maggio, ma abbiamo fatto in modo che un giorno, ricordando tutto questo, penseranno a Bergamo e ai bergamaschi con il sorriso.
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