Alla lettera di un’insegnate di Costa Volpino (leggi) che ha scritto a Bergamonews per protestare contro la raccolta firme lanciata dalla Cgil per sensibilizzare i parlamentari sulla riforma previdenziale che ha cancellato il diritto di andare in pensione con 15 anni di contributi, risponde il segretario generale della Cgil di Bergamo Luigi Bresciani.
All’insegnante di Costa Volpino,
l’articolo probabilmente può dar adito a delle interpretazione errate e ce ne scusiamo. Voglio però chiarire subito che la Cgil non intende affatto ripristinare la possibilità per i lavoratori pubblici di andare in pensione dopo 15 o 20 anni di lavoro!
L’articolo citato fa riferimento all’ultima riforma previdenziale che “ha cancellato il diritto ad andare in pensione con 15 anni di contributi richiedendone almeno 20”. A cosa si riferisce? A conteggiare i contributi versati nell’arco della propria vita lavorativa quando si va comunque in pensione, prima della riforma a 60 anni per le donne, oggi a 62 e dal 2018 a 66.
In sostanza se io vado in pensione a 62 anni e nella mia vita lavorativa ho versato 15 o 16 o 19 anni di contributi questi non conteranno nulla, saranno persi e questo, francamente non mi sembra giusto. L’unica possibilità sarà quello di versare dei contributi volontari ed aspettare il compimento dell’età richiesta (dai 62 anni in poi).
La riforma ha allungato in maniera brutale, soprattutto per le donne, l’età per andare in pensione innalzandola a 66 anni per le lavoratrici dei settori pubblici e a 62 anni per le lavoratrici dei settori privati, che diventeranno 66 nel 2018. Davanti a noi non c’è più nessuno, neppure la Germania! Una maggiore gradualità nel fare la riforma non avrebbe guastato.
Cordiali saluti,
Luigi Bresciani, Segretario generale Cgil Bergamo
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