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Il caso

Taglio ai politici, il referendum di cui nessuno parla

La raccolta firme (ne servono almeno 500mila) si chiuderà nei Comuni il 27 luglio: la proposta toglierà ai parlamentari italiani il rimborso relativo alla diaria e alle spese di soggiorno a Roma.

Alzi la mano chi sapeva che in tutti i Comuni d’Italia è possibile firmare per un Referendum abrogativo parziale sulla legge per le indennità parlamentari. Fateci indovinare, siete in pochi. Eppure si tratta di un referendum che potrebbe cambiare molte cose in Italia dal momento che propone il taglio degli stipendi della casta politica. Avete letto bene: un referendum che potrebbe ridurre i vitalizi d’oro dei politici nostrani.

Il taglio proposto, per essere chiari e diretti, toglierà ai parlamentari italiani il rimborso relativo alla diaria e alle spese di soggiorno a Roma che, come confermato dal sito della Camera, ammontano a 3.503,11 euro per ogni singolo rappresentante del Parlamento. E questa è solo una delle componenti dello stipendio dei parlamentari.

Due i modi per poter aggiungere la vostra firma alla raccolta organizzata dal movimento “Unione Popolare” che, purtroppo, è partita in sordina per via di un’informazione – troppo spesso dipendente dai piani alti della politica del nostro Paese – che di promuovere questa iniziativa proprio non ne ha voluto sapere. La raccolta, però, è alla portata di tutti: potete recarvi nei vostri Comuni di residenza e firmare (cosa più semplice), oppure rivolgervi ai banchetti che i cittadini possono allestire in ogni paese (previa autorizzazione degli uffici comunali).

Aperta il 14 maggio scorso, l’importantissima raccolta firme si chiuderà il 27 luglio nei Comuni, mentre i banchetti potranno usufruire anche dell’ultimo week-end del mese (sabato 28 e domenica 29).

“In un momento di grande crisi qual è quello che stiamo vivendo – ha spiegato Vito Pucci, portavoce di "Unione Popolare" – i cittadini hanno saputo stringere la cinghia mentre i politici, che invece avrebbero dovuto dare l’esempio, non l’hanno voluto fare. L’articolo 2 della legge1261 del 1965, quella che disciplina l’indennità spettanti ai membri del Parlamento italiano, è l’unico che possiamo attaccare con un Referendum e, qualora riuscissimo ad abrogarlo, faremmo risparmiare alle casse del nostro Paese qualcosa come 500 milioni a legislatura, circa 48mila euro all’anno per ogni singolo parlamentare. Alcuni Comuni hanno provato a fare i furbi, dicendo di non aver ricevuto nulla, per questo – ha continuato Pucci – abbiamo inviato il materiale una seconda volta ai paesi che sostenevano di non avere ancora nulla, allegando anche una lettera di sensibilizzazione ai sindaci. Tutti i cittadini, quindi, possono andare nel loro Comune: nessuno potrà dire loro che questa raccolta firme non c’è”.

Per poter usufruire del Refendum gli italiani dovranno mettere 500mila firme sui moduli distribuiti in tutto il Paese ma, come detto, per ora la raccolta non ha spiccato il volo. Al Comune di Bergamo, infatti, l’impiegata ci conferma che “sono poche le persone che sanno di questa iniziativa, tant’è vero che, a due mesi dal via della raccolta, non abbiamo ancora passato il centinaio di firme”.

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