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Dalmine

Quelle tragiche coincidenze del film Vallanzasca

"Gli angeli del male" uscì al cinema il 21 gennaio 2010, nel giorno del compleanno di Renato Barborini, ucciso a Dalmine il 6 febbraio 1977 con il collega Luigi D'Andrea. E proprio oggi, 6 febbraio 2012, la pellicola debutta su Sky. Protestano Saffioti e il sindaco di Dalmine.

Viene il dubbio che le date siano state studiate apposta, per dar fastidio. Ma è difficile credere che un regista sensibile come Michele Placido si sia lasciato scappare coincidenze tanto tragiche per il suo film "Angeli del Male", che narra di Renato Vallanzasca e della banda della Comasina. "Gli angeli del male" debutterà stasera, 6 febbraio, sul piccolo schermo, su Sky.

Proprio oggi, 35 anni esatti dopo la strage di Dalmine, dove il "bel Renè" e la sua banda furono fermati a Dalmine da due uomini della polizia stradale di Seriate, di pattuglia. Erano Luigi D’Andrea e Renato Barborini: morirono entrambi sul selciato colpiti dai proiettili della banda. Entrambi i poliziotti non si tirarono indietro, fino alla fine, a costo della vita, arrivando a colpire proprio Vallanzasca, che si sarebbe portato dietro quella grave ferita ad una natica fino al primo arresto. Quella di oggi, del 6 febbraio, non è l’unica coincidenza. Il film "Gli Angeli del Male" debuttò al cinema il 21 gennaio 2010. Il 21 gennaio era il giorno del compleanno di Renato Barborini. "Sembra quasi che non vogliano lasciarmi in pace", aveva commentato nel 2010 Maddalena Dolcera, l’anziana madre di Barborini, intervistata da Bergamonews (leggi l’articolo precedente).

Le coincidenze non passano inosservate. Al termine di questo articolo pubblichiamo la lettera integrale del sindaco di Dalmine Claudia Maria Terzi, che protesta con Sky, chiede di non mandare in onda il film e chiede anche al direttore di Sky di fermarsi a Dalmine, quando ne avrà l’occasione, al cippo in memoria di D’Andrea e Barborini. Protesta anche il vicepresidente del Consiglio regionale Carlo Saffioti: "E’ grave che Sky abbia deciso di trasmettere il film proprio oggi. Si tratta di un oltraggio alla memoria".

La lettera di Claudia Maria Terzi, sindaco di Dalmine

Egregio Direttore,

sono il sindaco di Dalmine, una città in provincia di Bergamo, e le scrivo così, d’impulso, dopo aver visto del tutto casualmente, la pubblicità sul film “Vallanzasca, gli angeli della morte”, film che sarà trasmesso proprio stasera in prima serata su una delle reti della Vostra emittente.

Forse a Lei il nome della nostra Città non dice nulla. E probabilmente non dice nulla nemmeno al protagonista del film in questione. Sono quasi convinta che un soggetto come Vallanzasca nemmeno si ricordi i nomi delle persone che hanno sofferto per colpa sua e tanto meno i luoghi che lui ha macchiato con il sangue di tanti innocenti.

Ebbene, veniamo al punto. Ecco, io sono il Sindaco della città dove nel 1977 l’angelo della morte Vallanzasca ha ucciso due giovani poliziotti della stradale: Renato Barborini e Luigi D’Andrea.

Due uomini nel fiore degli anni, padri, figli, mariti, che hanno avuto come unico torto quello di rispondere ad una chiamata della centrale e decidere, senza pensarci un attimo, di fare il loro dovere. Per l’ultima volta.

Il protagonista del film che la Vostra società ha deciso di trasmettere è l’essere, perché definirlo persona sarebbe troppo, che senza scrupolo e senza rimorso, ha sparato e trucidato due persone innocenti.

Beh, Direttore, non voglio stare a spiegarLe i dettagli di quella maledetta notte.

Vorrei solo che Lei e i Suoi collaboratori, pensiaste almeno per un momento, anche brevissimo, al dolore che state dando alle famiglie di questi due eroi e di tutti gli altri innocenti che hanno perso la vita per mano di Vallanzasca.

Per una strana coincidenza, proprio oggi ricorre l’anniversario di questo tragico avvenimento che ha sconvolto le vite di tanti e che ogni anno, qui a Dalmine, ricordiamo con una cerimonia proprio al casello dell’autostrada A4: il luogo di questo duplice omicidio.

Dal quel ’77 è passato tanto tempo e io, quando è successo, non avevo nemmeno tre anni ma mi creda Direttore ben mi ricordo quando, negli anni successivi, sentivo parlare dei “due poliziotti morti al casello”. Tutti ne parlavano sottovoce quasi come se parlarne normalmente potesse offendere la memoria di quei due giovani uomini che hanno trovato la morte proprio nella nostra città.

Sono indignata, Direttore, come cittadina di Dalmine, come Sindaco di Dalmine e come compagna di un poliziotto che ogni giorno rischia di incontrare un Vallanzasca qualsiasi.

Sono ancor più indignata perché proprio in occasione del mio mandato ho avuto l’onore di conoscere la moglie e le due splendide figlie del Maresciallo D’Andrea. Tre donne speciali, forti come poche, che hanno saputo andare avanti nonostante il dolore della tragedia che le ha colpite.

Si immagini Lei, Direttore, una giovane moglie con due figlie piccolissime che nel bel mezzo della notte sente il telefono squillare per annunciarle che il suo splendido marito non c’è più.

E a distanza di anni, con quel grande dolore che ogni giorno si rinnova, in occasione dell’anniversario di quella tragica notte, la Signora D’Andrea ha la forza di organizzare una cerimonia per ricordare il sacrificio del marito e del compagno Barborini.

E Lei, e voi, cosa fate? Proprio il giorno in cui Dalmine, la famiglia D’Andrea e tutte le autorità bergamasche si ritrovano a rendere omaggio al sacrificio di due valorosi eroi, voi decidete di trasmettere il film che celebra l’assassino dei due.

E non mi venga a dire, Direttore, che c’è il diritto di cronaca, che il regista è un artista di fama internazionale, che il film non celebra ma vuole solo raccontare la vita di un soggetto che ha segnato la storia italiana. Che noi telespettatori abbiamo un’arma invincibile in mano: il telecomando. Che possiamo scegliere cosa vedere e cosa no.

Sono tutte bugie, giustificazioni inutili.

Sappiamo benissimo quale effetto ha la televisione su tutti noi. Quanto, soprattutto i ragazzi, tendano a mitizzare tutto ciò che vedono sul piccolo schermo. Quanto sia facile abituarsi alla violenza se passata in tv.

Abbia almeno il coraggio di ammettere che i soldi, la pubblicità, l’audience sono più importanti del rispetto che tutti dovremmo alle vittime della follia omicida di Vallanzasca.

Trasmettere quell’assurdo film è come uccidere ancora una volta tutte le vittime di quel criminale. Vuol dire non fare più distinzione tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, tra il bene ed il male, tra le vittime e i carnefici.

Dovremmo celebrare, ricordare, onorare i caduti e non gli assassini. Ma in fondo le mani insanguinate di un criminale valgono di più del sangue degli innocenti.

A nessun intellettuale o grande regista è venuto in mente di fare un film sulla vita di D’Andrea e Barborini o sulle loro famiglie. Su quanto è stato difficile andare avanti senza di loro. Su come due figlie meravigliose siano cresciute senza un padre. Sulla paura che sicuramente avranno provato i nostri due eroi quando hanno capito chi avevano davanti. Su cosa hanno visto prima di morire: il gelido asfalto dell’autostrada, i fari di una macchina che si allontanavano, il sorriso di un criminale che pensa si averla fatta franca. Al loro ultimo pensiero, al loro ultimo desiderio, al loro ultimo respiro.

Nessuno, nessuno se non le loro famiglie e gli amici più cari ci hanno pensato.

Ad imperitura memoria di quella triste notte rimane solo un monumento eretto tra le uscite del casello di Dalmine, un simbolo che poco si nota. Discreto come l’impegno e la volontà di tutti quei poliziotti o carabinieri o vigili del fuoco o agenti di polizia locale o finanzieri che ogni giorno lavorano sulle strade o dietro le scrivanie per assicurare a tutti noi una vita tranquilla e sicura. Anche a Lei Direttore, alla sua famiglia, a Placido, allo stesso Vallanzasca.

Sa cosa Le dico, Direttore? Sono tanto arrabbiata e delusa. Ancora una volta in questo nostro paese hanno vinto l’ipocrisia e l’ingiustizia. Che tristezza.

Ma che paese è quello che trasforma i criminali in eroi e si dimentica dei propri figli che hanno dato la vita per gli altri? Sicuramente è un paese che non mi piace e che sono sicura non piace a gran parte dei 23000 miei concittadini.

Probabilmente questa mia lettera non cambierà nulla ma io sono stanca di queste ingiustizie. E sono stanca di non avere una voce sufficientemente forte per urlare a tutti e soprattutto a chi fa i soldi con questi ignobili film, che è ora di finirla. Che c’è un limite a tutto. E che la mia coscienza non accetta questo stato di cose. Io non ci sto più.

La lascio Direttore con quest’invito per l’anno prossimo: il 6 febbraio 2013 si prenda dieci minuti e a metà mattina venga a Dalmine, percorra l’A4 e si fermi poco prima del casello. Scenda dalla sua bella auto e venga a spiegare a me, alla Signora D’Andrea e a tutti i presenti, il perché della Sua scelta. Chissà magari riuscirà a farlo senza vergognarsi e senza che gli occhi le si riempiano di lacrime, come i miei in questo momento.

Il sindaco di Dalmine Claudia Maria Terzi

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