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Rapporto einaudi-ubi

L’economista Deaglio: “Meno calcio e pi?? ricerca”

Prima del 2015 l'Italia non torner?? ai livelli pre-crisi: ?? la conclusione del rapporto presentato da Mario Deaglio, dal presidente Ubi Emilio Zanetti e da Andrea Moltrasio.

Se il mondo occidentale e l’Europa non sono messi molto bene, beh, l’Italia è conciata ancora peggio. Se la ripresa negli Stati Uniti arriverà a fine anno, in Francia e in Germania tra il 2012 e il 2013, in Italia non ci sarà un ritorno ai  numeri del 2007 (pre-crisi) fino al 2015. E’ la previsione di Mario Deaglio (foto a destra) così come la presenta nel  15° "Rapporto sull’economia globale e l’Italia", promosso dal Centro Einaudi e da Ubi Banca e illustrato venerdì nella sede della Banca Popolare di Bergamo.
Un affresco tutt’altro che positivo introdotto dal presidente di Ubi Emilio Zanetti (in basso a destra) che ha voluto anticipare due temi importanti del rapporto: la visione ad ampio raggio, dalla tranquilla euforia del 1995 quando si pensava che la globalizzazione avrebbe portato solo vantaggi, alle delusioni delle ultime stagioni, e il timore di un nuovo choc petrolifero ancor a più grave di quello di 40 anni orsono. Ma, ha rilanciato Zanetti, "a questo punto o ci si arrende o si ha il coraggio di scelte innovative". E proprio il coraggio è uno dei temi del rapporto Einaudi.
La ripresa, il coraggio, la paura: queste le coordinate dell’analisi dell’economista Deaglio che ha definito la situazione mondiale attuale come una realtà estremamente fragile: perfino la natura, tra incendi, maree nere ed eruzioni vulcaniche sembra matrigna. Però non tutto è negativo così come non sono negativi tutti e per tutti gli  effetti della crisi, tra questi il fallimento delle regole e la ridistribuzione del reddito a favore dei paesi emergenti, quelli asiatici in primis.
Non tutto è negativo, ma l’ottimismo non è di casa in casa nostra dove la crisi è iniziata ben prima del 2007. Così Mario Deaglio delinea una serie di possibili soluzioni per l’Italia, a cominciare da più ricerca e meno calcio: "Quando vedo che l’ingaggio per un giocatore di serie A è quanto il costo di una facoltà, allora dico meglio qualche big del pallone in meno e qualche università in più". E poi: energia a più basso costo; infrastrutture; turismo, terziario più produttivo; riduzione del costo della politica, politica di emersione del sommerso.
Quella italiana è una debolezza strutturale che non  verrà risolta da facili formulette. Servono nuove visioni e cambiamenti  sostanziali, conclude Deaglio. Serve il coraggio di cambiare. E una delle strade del cambiamento prova a definirla Andrea Moltrasio (qui a destra), già vicepresidente di Confindustria, oggi membro dell’European cluster policy group. Proprio sui clusters, sui nuovi distretti, si è soffermato Andrea Moltrasio: "Dai distetti industriali ai clusters il passo è fondamentale e non facile perché si passa dall’imprenditore alla comunità intera". Il cluster vincente è quello che scommette sull’innovazione, non molla sull’innovazione, anche se il cammino non è breve. Ma l’innovazione non sta solo dentro l’azienda o le aziende, piuttosto sta nel modo nuovo di far dialogare e crescere l’intera realtà del distretto: dalla fabbrica alla finanza agli enti locali all’università, passando attraverso qualcuno o qualcosa che sappia creare i giusti collegamenti. "Bergamo l’aveva capito già anni fa, si è mossa senza gelosie come una community, ma adesso deve resistere, non può mollare". 
 

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