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Botta e risposta

“Esca di casa durante l’adunata Gli alpini meritano un applauso”

Una lettrice replica alla lettera di chi si lamentava di doversi "barricare in casa per tre giorni". "Potr?? vedere quanto gli Alpini sono ben voluti dalla maggior parte dei bergamaschi".

Egregio Direttore,

ho letto ora la lettera della signora Pesenti, che si lamenta per una città “in ostaggio” degli alpini per tre giorni. Mi incuriosisce il fatto che la stessa signora sembri prendere le distanze da coloro che si lamentano sempre e comunque (per i concerti estivi, per i lavori stradali…) ma si accanisca nel lamentarsi per la “tre giorni” degli Alpini. Mi piacerebbe avere un poco di spazio per rispondere alla signora.

Gentile Signora Pesenti,

mi spiace che a lei non interessi “una cippa” degli Alpini, ma potrà vedere coi suoi occhi – se troverà la voglia di uscire di casa e mischiarsi con il resto del mondo – quanto, invece, gli Alpini interessino alla maggior parte dei bergamaschi. E non solo perché molti di loro hanno fatto la naja negli Alpini, ma perché si tratta di persone, di un Corpo, di gruppi che hanno saputo ricostruirsi una realtà di azione tesa al volontariato, al sostegno e all’aiuto.
So che questo lei lo sa – lo dice nella sua lettera – ma mi piacerebbe sapere dove ha trovato i dati che provano che “solo pochi di loro partecipano alle iniziative di volontariato”, come lei sostiene. Quelli che conosco io, di Alpini – e sono tanti – non si tirano indietro, quando c’è bisogno di loro, mai. Mi fa un po’ di tristezza leggere le sue parole che, con tono chiaramente ironico, sostengono che gli Alpini “sono tanto simpatici, con quella piuma sul cappello”…ma per favore, non sono mica delle macchiette!
Signora, si faccia un regalo, ma un regalo davvero. Esca di casa, in quei tre giorni, invece di starsene chiusa dentro terrorizzata (riuscirà a camminare, non si preoccupi!) e vada a spasso per le vie della città, parli con gli Alpini che vedrà in giro (tanti…spero più di 400 mila) si fermi ad ascoltare i loro canti, sorrida alle loro barzellette (quasi sempre un po’ spinte, è vero….ma ha presente quello che passa in televisione?), si lasci coinvolgere in discussioni di ogni genere.
Cerchi di conoscerli, e scoprirà che la simpatia della loro penna passa in ultimo piano, rispetto al suo valore e al loro. Entri nei parchi (non saranno chiusi, saranno solo occupati dalle tende da campo) sorrida alle battute: io lo farò, tutte le volte che potrò. E magari accetti da loro un mezzo bicchiere di vino… A me piacciono, gli alpini, l’ho detto e ripetuto mille volte, lo sanno anche i sassi, temo. Quali valori portano, si chiede lei. Quali? O quanti? Perché non ha che l’imbarazzo della scelta. Nel paese dove abito i nostri Alpini si occupano di una serie di necessità e di problemi, operando con semplicità, con amore, senza “metterla giù dura”, senza farlo pesare.
Accompagnano a scuola i bambini disabili, aiutano a tener pulito il paese, danno una mano al Comune, sostengono la parrocchia e le associazioni di volontariato, collaborano con le scuole, si occupano degli anziani….devo proseguire ancora? Capisce perché io di fronte a questa adunata non dico “bè” ma “evviva”? Per me l’adunata è tutto meno che una “baracconata”. Probabilmente io sono un po’ tocca (rispetto al suo pensiero) ma so già che mi farò ore, sotto il sole (spero!) a veder passare gli alpini, e mi commuoverò, anche se cercherò di non darlo a vedere. Perché tra di loro vedrò sfilare molte persone che conosco e rispetto, ma anche il mio papà e tante persone che non possono sfilare più, ma dal cielo saranno lì con tutti gli altri, con la divisa di ordinanza e la piuma sul cappello. Che non è folcloristica e nemmeno “simpatica”, ma davvero un simbolo di qualcosa che va al di là dello spirito di corpo e delle caratteristiche della persona che la porta, con orgoglio.
Io non potrò mai averlo, il cappello con la piuma, perché le regole sono chiare e precise per tutti. Proprio perché quel cappello – e quella piuma – sono un simbolo da non svilire dandolo a tutti quelli che lo vogliono. Non sia scocciata, signora, ma accolga tutti gli alpini che verranno a Bergamo – e che sarà un onore accogliere – con la simpatia e l’accoglienza affettuosa che si meritano. Credo che glielo dobbiamo, tutti: anche lei. Il mio papà c’era ancora, quando ci fu l’ultima adunata a Bergamo. E ci mise ore e ore ad arrivare a casa, in città alta. Ore e ore per percorrere poche centinaia di metri. Perché si fermava ad ogni passo a chiacchierare con tutti gli alpini, veci o bocia che fossero, per sentire le loro esperienze e raccontare le sue, di vecio alpino della Julia. E l’emozione e la felicità che aveva negli occhi quando finalmente arrivò ci fecero venire le lacrime agli occhi. Anche per questo io sarò in mezzo agli alpini , quando saranno a Bergamo. E sono orgogliosissima di poter fare da guida ad un gruppo di loro, che arriva dall’Aquila. Ci provi, signora, e capirà perché è un onore ospitare l’adunata a Bergamo, dopo averla attesa per anni; perché vale la pena di avere qualche disagio in città, pur di averli qui; perché anche le mie finestre sono pronte ad accoglierli, col tricolore esposto proprio per loro. Capirà – lo spero tanto per lei – il valore di quella penna e di quella divisa. E si lascerà prendere il cuore dalla lenta e intensa cadenza del loro andare, che è rimasta uguale. Era così quando marciavano sulle montagne, quando cercavano di tornare a casa dalla Russia, quando combattevano al fronte. E’ ancora così quando si muovono, fuori e dentro i confini, organizzati, sicuri, decisi…e montano ospedali e tende da campo, e cucinano, e accolgono e fanno sentire bene le persone, e portano aiuti; ed è così anche quando vanno in paesi lontani a cercare di garantire la pace. Spero di incontrarla, all’adunata. E se ci sarà so che, quando finalmente arriveranno i “nostri” Alpini di Bergamo, salirà alto anche il suo applauso e il suo “bravi” urlato col cuore.

La aspettiamo…
Rosella Ferrari

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